Un’azione congiunta insieme ai sindacati maggiormente rappresentativi per salvaguardare il ruolo nazionale della scuola della Repubblica
Dal 16 gennaio 2024 nel calendario dei lavori del Senato è previsto l’avvio della discussione del DDL n. 615 sull’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. La FLC CGIL, così come le altre organizzazioni maggiormente rappresentative del comparto Istruzione e Ricerca, ha deciso di rivolgersi alle Senatrici e ai Senatori perché si tenga la scuola “organo costituzionale” fuori dal processo di regionalizzazione avviato dal Governo.
La FLC CGIL intende sottolineare che è in gioco la missione principale della scuola ovvero la costruzione della cittadinanza, la condivisione di valori e il senso di appartenenza, che fondano la convivenza democratica. Questo ruolo del sistema di istruzione statale sarebbe inevitabilmente pregiudicato da una scelta regionalistica e territorialistica.
Per queste ragioni la FLC CGIL si appella al Senato della Repubblica, affinché il sistema di istruzione rimanga nazionale e sia escluso dalle materie oggetto di devoluzione.
Intanto prosegue la campagna di sensibilizzazione “Una, unica, unita! Stesso Paese, stessi diritti!” e, di fronte ai temuti provvedimenti, la FLC CGIL è decisa ad avviare ulteriori forme di iniziativa e mobilitazione della categoria con il più ampio coinvolgimento di lavoratrici e lavoratori insieme alle cittadine e ai cittadini di questo Paese ancora unito.
Di seguito il testo della lettera.
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Roma, 9 gennaio 2024
Oggetto: Appello. DDL n. 615 “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’art. 116, terzo comma della Costituzione”
Al Presidente del Senato
Agli onorevoli Senatori e Senatrici,
di comune accordo con le altre organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del comparto istruzione e ricerca, rivolgiamo a tutte le Senatrici e Senatori della Repubblica un appello a voler prendere in considerazione, nell’esaminare il DDL n.615 contenente “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’art.116, terzo comma della Costituzione”, le ragioni che ci inducono a chiedere la piena salvaguardia del carattere unitario e nazionale del nostro sistema pubblico di istruzione. Si tratta di una richiesta condivisa da tutte le organizzazioni sindacali, pur in un contesto articolato e plurale di considerazioni e valutazioni che ciascuna sigla, in autonomia, intende in questa fase porre all’attenzione del Legislatore, ferme restando le iniziative che singolarmente o congiuntamente sono state nel tempo assunte anche in merito ai progetti di autonomia differenziata su cui si è sviluppato un intenso dibattito politico già prima dell’emanazione del DDL oggi in discussione.
I lavoratori e le lavoratrici che noi rappresentiamo non possono astenersi dal far sentire con forza la propria voce, manifestando grandissima preoccupazione, in merito agli esiti, deprecabili, che possono determinarsi ove giungesse a compimento l’iter del DDL n.615 contenente “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell’art.116, terzo comma della Costituzione”.
E ciò con particolare riguardo alle conseguenze negative che deriverebbero all’ordinamento scolastico, finalizzato in primo luogo all’esercizio del diritto all’istruzione degli alunni e alla libertà dell’insegnamento, fondamenti intangibili su cui si costruisce la cittadinanza, la libertà e l’unità del nostro popolo e della nostra comunità.
Quanto previsto dal citato Disegno di legge potrebbe radicalmente mutare il quadro, in peggio, della scuola italiana e quindi del nostro Paese.
Infatti attraverso le intese regionali si prevede che si possa giungere perfino a far diventare “le norme generali sull’istruzione” - oggi legislazione esclusiva dello Stato - oggetto di legislazione concorrente. Altro non significa “regionalizzare” e quindi differenziare le norme che disciplinano le finalità della scuola e che - al contrario - dovrebbero essere applicabili in tutto il territorio nazionale in modo uniforme riguardanti ad esempio, gli ordinamenti scolastici, le funzioni e dell’organizzazione del sistema educativo, la disciplina dell’organizzazione e del rapporto di lavoro del personale della scuola. Non solo, ma, ancora, le leggi regionali potrebbero disciplinare l’istituzione di ruoli del personale della scuola, la sua consistenza organica, la stipulazione di contratti collettivi regionali, con gravi e devastanti conseguenze sulla tenuta delle finalità nazionali dell’ordinamento scolastico, sul contratto collettivo nazionale e trattamento economico di docenti, Ata e dirigenti scolastici, sulla mobilità territoriale, sulla valenza di concorsi per il reclutamento a sbarramento regionale. Inoltre la stessa autonomia scolastica costituzionalmente riconosciuta rischia di essere pregiudicata e collocata in ambito subalterno rispetto alle nuove funzioni e poteri regionali e locali.
Ci permettiamo ancora di ricordare che la nostra Costituzione definisce negli articoli 33 e 34 le caratteristiche basilari del sistema scolastico e che alle prescrizioni derivanti da tali articoli si attribuisce “valenza necessariamente generale ed unitaria che identifica un ambito di competenza esclusivamente statale” rappresentando «la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra coloro che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale)” (Corte cost. sentenza 24 giugno 2009, n. 200).
Vogliamo quindi sottolineare che esiste un tema che chiama direttamente in causa la missione principale della scuola ovvero la costruzione della cittadinanza, la condivisione di valori e il senso di appartenenza, che fondano la convivenza democratica. “La democrazia infatti non è solo una forma di governo ma il sentire condiviso dalla comunità.”
Questo ruolo del sistema di istruzione statale sarebbe inevitabilmente pregiudicato da una scelta regionalistica e territorialistica. Per queste molteplici ragioni crediamo che tutto ciò vada scongiurato.
Già oggi le Regioni godono di ampie funzioni amministrative: sulla programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, sulla programmazione della rete scolastica, sulla suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell’offerta formativa, sulla determinazione del calendario scolastico, sui contributi alle scuole non statali, sulle iniziative e le attività di promozione relative all’ambito delle funzioni attribuite.
Oltre queste competenze non si può e non si deve andare. Il diritto all’ apprendimento dell’alunno, le finalità dell’istruzione ancorate all’esercizio della cittadinanza italiana, sono diritti dell’individuo/persona/lavoratore-lavoratrice, che devono essere esercitati e garantiti in ogni luogo del nostro paese perché sono diritti nazionali, non regionalizzabili, ed esigibili a prescindere dai confini territoriali dei governi locali.
Il nostro appello e la nostra richiesta, esplicita e non incrinata da dubbi, è una sola: si tenga la scuola “organo costituzionale” fuori dal processo tracciato dal DDL n. 615. Perché nella scuola - unica nelle finalità, nazionale nell’ordinamento, uguale nei diritti dell’alunno - risiede la nostra appartenenza alla comunità nazionale, il nostro orgoglio di essere europei in quanto italiani e italiani in quanto europei.
Il Segretario generale FLC CGIL
Gianna Fracassi