Vagheggiare esplicitamente una idea segregazionista dell’accesso alla scuola pubblica è fuori dalla storia
Nei giorni scorsi un noto editorialista di un importante quotidiano nazionale ha scritto l’ennesimo libello contro la scuola italiana. Questa volta -preso di mira- è il principio di inclusione di ragazzi e ragazze con disabilità, con bisogni educativi speciali, migranti, che a suo dire ostacolerebbero il percorso didattico dei cosiddetti “normali” (cit.).
Non ci sarebbe neanche bisogno di commentare, essendo noto il coté ultra liberista e reazionario del nostro, ma stavolta si è superato un limite e una domanda sorge spontanea: è possibile scendere così in basso? Vagheggiare esplicitamente una idea segregazionista dell’accesso alla scuola pubblica, ignorare (e infamare) il lavoro straordinario dei nostri docenti e del personale scolastico tutto per affermare il principio di inclusione che favorisce, a partire proprio dalle differenze e diversità, l’apprendimento di tutte e di tutti.
Ma soprattutto è possibile non comprendere (o non sapere) che nel nostro paese le condizioni economiche e sociali determinano già enormi disuguaglianze e che la scuola pubblica aperta a tutti e tutte rappresenta, nonostante il disinvestimento e le pessime riforme, l’unico luogo che accoglie, si prende cura e crea le condizioni per ciascuno e ciascuna del successo scolastico e formativo e di cittadinanza consapevole.
L’unica “menzogna” è considerare ancora questi sproloqui come strumenti di avanzamento e di “riflessione” del dibattito pubblico nel Paese e non invece la promozione esplicita dell’esclusione come principio che deve guidare le politiche pubbliche, a partire dalla scuola. Per fortuna esiste ancora la Costituzione italiana che afferma il contrario dal 1948 e ricaccia questa invettive esattamente dove devono stare dal punto di vista storico. Ma forse il noto opinionista tutto questo non lo sa o non lo vorrebbe sapere.