Il neo ministro lo ha scritto a luglio nel testo sul futuro della scuola: servono procedure transitorie prima che si possa riformare la procedura dei concorsi
Gianna Fregonara e Orsola Riva
Tutti i prof in cattedra il primo settembre. È questa la promessa che studenti, famiglie, insegnanti e presidi vorrebbero sentire chiaramente dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Del resto era stato il premier Mario Draghi, durante le consultazioni con i partiti, a mettere tra le priorità per recuperare il tempo perduto la necessità di avere le scuole aperte e funzionanti già dai primi giorni dell’anno scolastico.
A settembre mancheranno anche i supplenti
Come fare, tocca a Bianchi stabilirlo. Ma il neoministro qualche idea ce l’ha: l’ha anzi già messa nero su bianco nel suo piano per la ripartenza che è quel rapporto che l’ex ministra Lucia Azzolina gli aveva affidato in tarda primavera. A settembre nelle scuole italiane mancheranno circa 100 mila insegnanti di ruolo più i supplenti per le cattedre che non sono «vacanti» ma vuote (per distacchi, maternità e altre questioni). Il problema è che le graduatorie sono ormai vuote in moltissime province e per le materie principali del curriculum come la matematica (sulla quale tra l’altro il neo ministro vorrebbe puntare per modernizzare la scuola) e l’italiano. Già a settembre scorso delle 85 mila nuove assunzioni autorizzate dal Mef ne sono andate a buon fine appena un quarto per mancanza di candidati in posizione utile. I 32 mila posti messi a bando con il concorso straordinario che si sta concludendo proprio in questi giorni dopo la lunga pausa causa Covid serviranno a coprirne non più di un terzo, se tutto va bene. Difficile, scrive Bianchi, estrarre un coniglio dal cappello: «Questa situazione è frutto di decisioni e normative accumulatesi nel tempo, e non è facilmente affrontabile e risolubile in tempi brevi».
La sanatoria
Mentre si lavora ad una riforma nel medio periodo, visto «l’enorme numero di precari accumulatosi in questi anni», Bianchi ritiene che sia necessario immaginare soluzioni «anche di natura transitoria, capaci di coniugare la rapidità delle procedure con il rigore delle selezioni». Come? Ecco che cosa scrive Bianchi nel suo rapporto: «Si può pensare a procedure di stabilizzazione temporanea riservate agli attuali precari cui far seguire percorsi formativi con prove finali selettive da definire con successive disposizioni». Parole che fanno sognare i sindacati, che si aspettano per settembre una «stabilizzazione» (leggi: sanatoria) per i precari che non sono rientrati nell’ultimo concorso straordinario. Un percorso che potrebbe riguardare almeno gli insegnanti di sostegno che hanno conseguito «il brevetto» grazie al Tfa, un percorso di formazione universitaria post laurea con sbarramento all’ingresso della durata di un anno. Ci avevano provato anche con la ministra uscente, i sindacati, a chiedere l’immissione in ruolo semiautomatica dei precari: un anno di prova con esame finale e via, senza passare dal concorso. Ma Lucia Azzolina aveva tenuto duro: insegnanti si diventa per concorso, così stabilisce la Costituzione, punto e accapo. E così aveva bandito il concorso straordinario. Ora però che il persistere dell’emergenza sanitaria rischia di rinviare indefinitamente gli altri due concorsi ordinari dai quali avrebbero dovuto arrivare ulteriori 50 mila nuovi insegnanti fra prof e maestre, il problema delle cattedre vuote a settembre sta diventando insolubile. Fra prove preselettive, scritto e orale i vincitori dei due concorsi ordinari - quelli destinati ai laureati di più fresco conio - non saliranno in cattedra prima di settembre 2022. E nel frattempo? Nel frattempo Bianchi apre ai sindacati, appunto.
Cambiare la formazione
Il neoministro non rinuncia ad alcune proposte, visto che «proprio l’attuale situazione può rappresentare l’occasione per cominciare a riformare le modalità di reclutamento del personale scolastico dando loro finalmente un assetto stabile ed efficace». Da buon esperto di scuola, punta subito il dito sul sistema difettoso dei concorsi, i cui bandi sono «troppo rari» con procedure «lente e macchinose, con il risultato di avere concorsi troppo affollati, e quindi bisognosi di metodi sbrigativi per sfoltire i candidati, almeno in una prima fase, esposti a un vasto contenzioso che, oltre a rendere precari i risultati delle procedure, le espone spesso al discredito da parte degli stessi partecipanti e dell’opinione pubblica». Poco meno che una bocciatura, visto che i meccanismi di reclutamento (sempre i concorsi) danno «troppo poco rilievo alle competenze non solo d’ordine disciplinare, ma relazionali, pedagogiche, didattiche, progettuali e valutative acquisite dai candidati». Ma non basta: Bianchi non si accontenta di mettere mano al sistema di reclutamento. A monte del meccanismo di selezione iniziale, vi è la «necessità ineludibile» di mettere mano al sistema di formazione iniziale perché - spiega ancora il professore - l’infarinatura di psicopedagogia e didattica disciplinare che si riesce a ottenere con i 24 crediti formativi attualmente richiesti per diventare prof non può certo bastare. A regime - spiega Bianchi - ci vorrà minimo un anno fra università e tirocini a scuola per ottenere le competenze indispensabili per poter montare in cattedra. «I percorsi universitari abilitanti - è scritto nel suo rapporto - potrebbero costituire, a regime, il canale strutturale di reclutamento per concorsi da effettuarsi con frequente periodicità, in misura tale da soddisfare tempestivamente i fabbisogni, rivedendo al contempo periodicamente, e semplificando, le classi di concorso».
Valutare gli insegnanti
Sempre per quanto riguarda gli insegnanti Bianchi non è contrario a forme di «valutazione delle scuole» e alla creazione di una «carriera per i docenti basata non solo sull’esperienza acquisita ma anche su altri criteri qualitativi». Quali? Bianchi è da sempre un sostenitore della «formazione in servizio» cioè dei corsi di formazione e aggiornamento: «Riteniamo - si legge ancora nel rapporto pubblicato sul sito del ministero - che la formazione in servizio debba avere un ruolo importante tra i requisiti che potranno essere utilizzati nella costruzione della carriera».