L’isolamento ha esasperato le dinamiche relazionali malate e i rapporti di potere. Servono azioni per dare piena attuazione alla convenzione di Istanbul e per agire un autentico cambiamento culturale. La FLC CGIL inaugura uno spazio dedicato alle questioni di genere sulla rivista “Articolo33.it”
Mentre il 25 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale delle Nazioni Unite per l’eliminazione della violenza contro le donne, le cronache riportano un aumento impressionante di episodi di violenza di cui è vittima l’universo femminile; sono storie di ricatti e minacce nel mondo del lavoro, reati di stalking e di sfruttamento sessuale anche minorile, fino ai più eclatanti casi di stupro e femminicidio.
Dati che stridono a dieci anni dall’adozione della Convenzione di Istanbul, il documento più avanzato in vigore a livello internazionale che si occupa di prevenzione e lotta alla violenza nei confronti delle donne e di violenza domestica, collocando il fenomeno nel quadro delle violazioni dei diritti umani, e opera sulla base di quattro pilastri: prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, repressione e politiche integrate.
Dall'inizio dell'anno, in Italia, sono stati compiuti 103 i femminicidi, secondo i dati del Viminale aggiornati al 14 novembre: uno ogni tre giorni. Di queste, 87 vittime sono state uccise in famiglia. Sessanta di loro hanno trovato la morte per mano di un partner.
Nonostante il tasso di omicidi sia diminuito rispetto al 2020 (-2%), il dato sui femminicidi è in controtendenza.
E nel nostro Paese, come in altre parti del mondo, le condizioni di vita imposte dalla pandemia e la coabitazione forzata nelle case hanno fatto registrare un significativo aumento delle segnalazioni e richieste di aiuto per violenza domestica.
Maggiormente esposte sono risultate le donne che, a causa della pandemia, hanno perso il lavoro e, essendo costrette a lunghe permanenze in casa, sono diventate in misura maggiore economicamente dipendenti dai loro compagni e hanno visto aumentare ulteriormente il loro isolamento, con conseguenti maggiori difficoltà ad attivare reti di supporto e a sottrarsi alla violenza.
L’esperienza del lockdown indica, quindi, le misure necessarie per garantire che la casa non sia luogo di paura e di violenza: non solo l’accesso ai servizi di assistenza e protezione, non solo interventi delle autorità giudiziarie e di pubblica sicurezza, ma supporto all’autonomia e all’autodeterminazione, passando anche attraverso strumenti per favorire l’equilibrio tra vita professionale e personale, in assenza del quale molte donne si trovano di fronte a una scelta obbligata, rinunciando alla propria realizzazione professionale e alla propria indipendenza economica.
Ma, soprattutto, resta ferma la convinzione che, nella lotta alla violenza di genere, sia fondamentale agire per un cambiamento culturale per sradicare stereotipi e pregiudizi che relegano le donne in ruoli subalterni e le loro vite in funzione di quelle degli uomini.
La FLC CGIL, categoria che rappresenta le lavoratrici e i lavoratori della conoscenza, intende dare continuità all’azione di contrasto alla violenza contro le donne, non solo violenza fisica, ma anche psicologica e connessa alle costruzioni sociali, mantenendo viva, oltre le ricorrenze del 25 novembre e dell’8 marzo, l’attenzione sulle questioni di genere, per accre