La misura è colma, il 10 dicembre sciopero della scuola pubblica

 

Lettera del Segretario generale FLC CGIL, Francesco Sinopoli, agli iscritti e alle iscritte, alle Rappresentanze sindacali unitarie (RSU) e a tutto il personale della scuola.

Dopo due drammatici anni di pandemia è diventato chiaro a tutte e a tutti quanto la scuola sia indispensabile per il nostro presente e il nostro futuro, quanto essa sia importante nella vita di ogni giorno per le studentesse e gli studenti, quanto siano indispensabili tutte le diverse professionalità che operano in essa: per questo avevamo la ragionevole speranza che il Governo fosse pronto a dare un vero e tangibile segnale di attenzione alla Scuola Pubblica.

In questa direzione sembrava andare il “Patto per la scuola al centro del Paese” sottoscritto a maggio, un documento importante che contiene impegni precisi per il rilancio, la valorizzazione del personale scolastico e la promozione del protagonismo di tutte le componenti del mondo della scuola. Tuttavia, fin dai giorni successivi alla sottoscrizione, abbiamo avuto l’impressione di trovarci di fronte ad un Governo per il quale gli impegni, pur sottoscritti formalmente, vengono poi sconfessati nei fatti e nella sostanza.

Anzi, abbiamo percepito il progressivo ritorno di tutto l’armamentario ideologico sulla scuola codificato nell’immaginario collettivo dalla propaganda degli ultimi 20 anni che, partendo dalla Moratti e passando dalla stagione dei tagli Gelmini/Tremonti, approda poi alla Legge 107.

È il vecchio e abusato ritornello neoliberista della scuola statale e pubblica considerata alla stregua di “un secchio bucato”, uno spreco che merita sempre meno risorse. In particolare il personale della scuola dovrebbe guadagnarsi eventuali investimenti dimostrando di “meritarli” favorendo una “sana competizione universale” differenziando sempre più individui, classi e scuole.

Ora basta.

La scuola, soprattutto nella difficile fase che stiamo attraversando e dopo gli interminabili mesi di didattica a distanza che, speriamo, di avere ormai definitivamente alle spalle, non può essere considerata ancora un peso, una spesa da contenere. Lo ribadiamo, la scuola, anche e soprattutto nella difficile fase che stiamo vivendo, ha rappresentato e rappresenta un pilastro essenziale per la tenuta sociale e democratica del nostro Paese.

Ora non c’è più nemmeno l’alibi della mancanza di risorse perché ora le risorse ci sono visto che la manovra finanziaria ha previsto ingenti investimenti pari a 33 mld di euro da cui però, ancora una volta, vengono esclusi la scuola e il personale scolastico in esatta coerenza con quanto accaduto nell’ultimo ventennio.

E, di fatto, proprio in questa legge di bilancio, le risorse dedicate alla scuola sono risibili sia in termini assoluti, che in termini relativi, cioè rispetto ad altri settori anche pubblici.

Basterebbe leggere le cifre assolute per avere una conferma: le risorse della missione “Istruzione scolastica” si riducono del 5,2 per cento rispetto a quanto previsto dalla legge di assestamento del 2021. Cioè sulla scuola si torna a risparmiare tagliando.

In sintesi

A fronte degli 87 euro medi mensili lordi di aumento per il rinnovo di un contratto nazionale di fatto scaduto da tre anni su cui ci si aspettava un incremento significativo, per i docenti si prevedono solo 210 mln di euro in più, corrispondenti a circa 12 euro medi mensili.

Considerando il divario di circa 350 euro rispetto alle retribuzioni degli altri settori pubblici che hanno titoli di studio equivalenti, le risorse in Manovra non solo sono insufficienti a colmarlo o quanto meno a dimezzarlo, ma sono addirittura gravate da ipoteche ideologiche e lesive della libera contrattazione fra le parti negozi

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