Non passa giorno che una decisione del ministro dell'Istruzione non sia contestata ora dai sindacati, ora dagli studenti. L'ultimo caso è quello dell'esame di maturità. Per le modalità scelte dopo due anni di pandemia gli studenti protesteranno venerdì 4 febbraio. Abbiamo raccolto i pareri sull'inquilino di Viale Trastevere di chi vive, studia, lavora e rappresenta la scuola
Roberto Ciccarelli
In undici mesi, da quando è alla guida del ministero dell’Istruzione, Patrizio Bianchi è quasi riuscito a mettersi al passo di alcuni suoi predecessori storici: Berlinguer, Moratti o Gelmini. Non passa giorno che una sua decisione sia contestata ora dai sindacati, ora dagli studenti. Dalla gestione della pandemia, ai contratti del personale fino all’ultimo caso di ieri: la maturità, prevista dal 22 giugno 2022 in presenza. Stando alle anticipazioni il prossimo esame di Stato prevedrebbe un ritorno all’esame pre-covid con le due prove scritte e l’orale. La reazione degli studenti è stata veemente al punto che già venerdì 4 febbraio torneranno a contestarlo in piazza: «Una proposta che, se confermata, fa ben capire che il ministro non ha idea di ciò che è successo nelle scuole negli ultimi anni e qual è la situazione ora – sostiene Luca Redolfi (Unione Degli Studenti) – Non vengono considerate le difficoltà didattiche, dell’apprendimento ed emotive vissute». «Un ministro inaffidabile – ha detto Redolfi a Il Manifesto – Non ha convocato le rappresentanze studentesche da ottobre, quando aveva promesso di aprire tavoli sulla didattica e sull’esame di stato, senza nemmeno considerare le nostre pro