La scuola «ridimensionata»_ Basilicata, maglia nera

Dimensionamento scolastico: il peggio sta arrivando. Entro pochi giorni il governo dovrebbe emanare il decreto interministeriale che – facendo seguito alla legge di bilancio – porterà a una riduzione drastica degli istituti scolastici nel nostro paese con la scusa del calo demografico e stravolgendo le indicazioni del Pnrr.

Il risultato di questa operazione – che eleva a 900 il numero minimo di ragazze e ragazzi per mantenere in vita un istituto – sarà che al termine del prossimo triennio le attuali 8.007 istituzioni scolastiche, attraverso smembramenti e accorpamenti di plessi e sedi, dovrebbero diventare 7.309. Secondo calcoli della Flc Cgil in questo modo saranno soppresse ben 698 unità scolastiche, pari all’8,8% di quelle attualmente esistenti, con pesantissime ripercussioni sul sistema scolastico.

Oltre al taglio netto di circa 1.400 posti tra dirigenti scolastici e Dsga, si registreranno perdite di organico tra il personale Ata e tra i docenti, un notevole aumento della complessità organizzativa (in ordine al numero di sedi e Comuni a cui le istituzioni scolastiche dovranno rapportarsi) prevedibili difficoltà di gestione dell’offerta formativa, soprattutto nelle regioni del Sud, che la logica del Pnrr invece avrebbe dovuto maggiormente tutelare”. A essere colpito soprattutto il Sud, con tagli che toccano il 28,7% in Basilicata, il 22,3% in Calabria, il 18,1% in Sardegna e il 16% in Campania, solo per citare i casi più eclatanti.

La Flc Cgil, come ha annunciato la segretaria generale Gianna Fracassi "si muoverà con i suoi legali per impugnare il decreto attuativo”. Di fronte a questi numeri, infatti, poco vale l'Agenda per il Sud sbandierata dal ministro Valditara.

La scusa del Pnrr

Quello che irrita di più, nei ragionamenti fatti dal governo durante l’incontro con i sindacati, è l’utilizzo del mantra “ce lo chiede l’Europa”. In realtà il Pnrr non obbliga certo ai tagli ma evidenzia la necessità di intervenire sul dimensionamento scolastico, come pure sul numero degli alunni per classe, al fine, si legge, di “fornire soluzioni concrete ad alcuni problemi che le scuole italiane stanno vivendo con particolare sofferenza”. E invece anziché investire sulla scuola si taglia, con una logica puramente ragionieristica e senza alcuna considerazione didattica e nessuna riflessione sulla natura – geografica ma non solo – dei luoghi in cui questi tagli colpiranno maggiormente.

Basilicata, maglia nera

È la regione più colpita dai tagli. La scure riguarderà ben il 28% degli istituti scolastici. Paolo Fanti, segretario generale della Flc lucana, è sconsolato: “Sono interventi con l’accetta, puramente ‘numerici’ che non tengono conto della nostra realtà territoriale. Il tema del calo demografico è serio, ma la politica locale non l’ha mai affrontato. Solo passività di fronte a un’onda che arrivava, spostandosi negli anni dalle scuole primarie a quelle secondarie”. “Cosa succederà – si chiede il sindacalista – quando dovrai accorpare indirizzi di scuole superiori molto diversi, senza un progetto didattico ma solo l’esigenza di tagliare e risparmiare”?

Ma i problemi si pongono anche per le scuole primarie: “Da noi – ricorda – il numero delle ‘pluriclassi’ (che tengono insieme bambine e bambini di età diverse, ndr) è ormai tornato a livello degli anni 50. Non dico che il modello non può funzionare, ma certamente anche in questo caso si dovrebbero fare investimenti, e invece la logica è solo quella della riduzione”.

Come in tutte le regioni, gli accorpamenti tra scuole anche distanti produrranno riduzione di organici, soprattutto tra presidi, dsga e personale Ata, ma anche grandi difficoltà organizzative che avranno pesanti ricadute sull’offerta formativa. A partire dagli spostamenti di studenti e lavoratori: “Da noi – attacca Fanti – per fare 70 chilometri ci vuole molto più tempo che in una regione come ad esempio l’Emilia Romagna e lo stato del trasporto pubblico non è un granché”.

Ci saranno dirigenti scolastici e dsga che dovranno viaggiare tutta la settimana se vogliono garantire la loro presenza nelle diverse sedi, a meno che non decidano di gestirne alcune da remoto: “Ma così il rischio concreto - osserva il sindacalista – è che all’interno della stessa scuola ci saranno plessi di serie A e serie B: una sorta di autonomia differenziata all'interno dello stesso istituto”.

Per concludere una considerazione amara. “Se una cosa la pandemia ce l’ha insegnata – dice il segretario della Flc lucana – è che avere scuole e classi con numeri più bassi di alunni può essere una valore aggiunto. Ebbene, con il dimensionamento si va nella direzione opposta. E a soffrirne sarà ancora una volta la qualità dell’istruzione pubblica”.

Sicilia, cresce l'allarme

“Inutile girarci intorno: siamo molto preoccupati. Il taglio dovrebbe riguardare 100 scuole e c’è un rischio serio d’implosione del nostro sistema d’istruzione”. Questo il commento sconsolato di Adriano Rizza, segretario generale della Flc Sicilia, che ricorda come questa scure arrivi in una realtà “dove abbiamo una percentuale altissima di dispersione scolastica e un tempo scuola complessivo molto più basso che nel resto del paese”. Si calcola che un ragazzo del Sud a causa della quasi inesistenza del tempo pieno alla fine del ciclo scolastico sia stato in classe oltre un anno in meno dei suoi coetanei nel resto del paese.

In questa situazione il governo, anziché investire per “recuperare un deficit drammatico che si è accentuato con la pandemia, riducendo gli alunni per classe per migliorare l’offerta formativa, utilizza il calo demografico per andare in direzione opposta: cioè tagliare gli istituti”, chiosa Rizza. Il dimensionamento scolastico, aggiunge il sindacalista, “per il modo in cui è pensato non rappresenta la soluzione dei problemi, ma anzi li peggiorerà”.

In Sicilia a soffrire di più saranno le aree interne, ovviamente: “A Enna e Caltanissetta – conclude Rizza – si rischia una vera e propria ecatombe. Potranno esserci scuole che finiranno per essere il riferimento di 7 Comuni, con problemi enormi per gli spostamenti in aree in cui i collegamenti lasciano a desiderare”.

Non solo Nord: il caso piemontese

Il calo demografico interessa con forza anche il Piemonte: ma anche in questo caso l’accetta del dimensionamento non è adeguata ad affrontare le complesse dinamiche che la scuola si trova oggi ad affrontare. Dati Istat e proiezioni Ires ci dicono che nella fascia 0-2 si è passati dai 117 mila bambini del 2011 ai circa 95 mila del 2023. “Da noi la riduzione non è drammatica come in altre aree: si calcola un -5,6% di istituti. Ma la questione – argomenta Luisa Limone, segretaria generale della Flc regionale – non è solo numerica. Non si possono fare mega sedi in cui concentrare un gran numero di alunne e alunni. Soprattutto nelle superiori dove gli indirizzi sono molto diversi tra di loro”.

La scuola del post pandemia, ragiona la sindacalista, dovrebbe avere una funzione fondamentale, “quella di recuperare un’intera generazione che in una fase significativa della propria crescita con il distanziamento ha subito una modificazione spaesante della propria vita relazionale.

E cosa si fa con il dimensionamento? Si creano sedi sempre più ampie in cui questo spaesamento non si supera affatto, anzi”. Dice Limone: “In un’epoca social come la nostra, gli spazi fisici reali in cui interagire diventano sempre più importanti per costruire relazioni” e invece “si procede con accorpamenti e tagli numerici senza porsi nessun problema di tipo didattico o pedagogico, senza pensare a investire su una scuola funzionale e capace di affrontare i grandi cambiamenti in atto”.

Senza poi tralasciare gli aspetti legati al territorio. “Nelle tre Valli di Lanzo ad esempio se si accorpano scuole – osserva la leader della Flc regionale – spostarsi può essere complicato, qualcuno dovrà portarli i più piccoli, ma anche per le superiori non è semplice. E questo vale anche per il personale ovviamente. Ci sono poi zone in cui anche la chiusura di una scuola può essere un colpo duro alla socialità”.

Temi questi che nella logica del dimensionamento deciso da una legge di bilancio – cioè da un provvedimento di natura economica – proprio non ci sono.

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